Un augurio intimo e un po’ ironico, per un domani in cui si spera di poter ancora provare stupore. Perché, anche in un mondo che corre, certe meraviglie non dovrebbero cambiare mai.
Caro me del futuro,
se stai leggendo questa lettera significa che la slitta funziona ancora e che le renne continuano ad amare il vento. Spero anche che la tua casella postale non sia stata sostituita da un cloud e che, ogni tanto, alla vecchia maniera, ti arrivi ancora una lettera scritta a macchina. Se così non fosse, considera questo foglio un promemoria “di una volta”: alcune cose, anche nel futuro, meritano di restare come erano.
Ti ricordi quando una volta bastava una luce in fondo alla strada per capire dov’era casa? Vorrei che il futuro se lo ricordasse.
Immagino il mondo che stai vedendo oggi…
Città più calde, nuove mappe dei cieli, pacchi che arrivano con droni gentili. Ma immagino anche i mercati dove si vendono spezie che non abbiamo mai assaggiato e le cucine che intrecciano ricette con la stessa naturalezza con cui mescolavamo i giocattoli nei nostri depositi.
È bello, vero? Eppure la paura più grande che mi porto dietro è questa: che nei tempi ancora più frenetici del futuro si perdano la capacità e la voglia di stupirsi.
Perciò, carissimo futuro-me, ti lascio qualche consiglio. Piccolo, pratico, da Babbo più vecchio che mai.
- Ricorda che la meraviglia non è spettacolo, è abitudine. Chiedi alle persone attorno a te di dire tre cose belle ogni giorno: funziona sempre.
- Non sostituire l’abbraccio con un algoritmo. Magari gli abbracci non “scalano” bene online, ma non c’è nulla di più accogliente e rassicurante.
- Ogni giorno, fatti un piccolo regalo. Qualcosa che sorprenda te stesso, perché non tutto deve essere misurato in like o in efficienza. A volte basta una canzone poco logica a far tornare le lacrime.
- Tieni una buona bottiglia di spumante a portata di mano. Aiuta a tenere alto il morale e non richiede istruzioni complicate.
Sì, parlo di bollicine. Non di tecnologia o di grandi progetti climatici (che pure servono e li firmerei volentieri), ma di quelle piccole gioie quotidiane che danno sostanza a un augurio.
Vorrei che ti ricordassi la sensazione di alzare un calice e sentire il mondo fare un piccolo suono di festa. Quel “pop” di un tappo, la salita lenta delle bollicine, quel lampeggiare negli occhi che non si compra con nessuna app.
Un rituale universale che dice “ce l’abbiamo fatta”, “benvenuto”, “auguri”, “scusa”, “ti voglio bene”. Non importa se il brindisi è sofisticato o improvvisato, quel che conta è il gesto.
E poi, se nel tuo mondo c’è una piccola voce che dice “ci siamo persi qualcosa”, fermati e pensa alle parole che sto scrivendo. Brinda per la lentezza ritrovata, per il rumore delle stoviglie, per la ricetta tramandata che nessuno ha ancora rinominato in “fusion futuribile”. Brinda per il sapore della sorpresa.
So che ti incuriosiscono i numeri, i dati e le previsioni (lo capisco, abbiamo un debole per le liste!), ma permettimi un ultimo consiglio: conserva anche uno spazio vuoto nel calendario e trova il tempo per un sorriso non pianificato.
E quando quel suono sottile salirà nel calice, ricordati di chiudere gli occhi per un istante. Non perché il futuro non sia bello, ma perché sono le radici, quelle solide, che ci consentono di guardare ad esso con rinnovata meraviglia.
Possa il domani stupirci ancora. Sempre.
Con affetto,
Babbo Natale