Nel cuore pulsante dell’Italia del boom economico, anche la notte sembrava avere fretta di trasformarsi in spettacolo. A Milano, le luci di Piazza Duomo accendevano ambizioni, desideri e marchi pronti a scrivere il loro nome nella modernità. Tra questi, brillavano anche Bosca e Cora: due storie piemontesi e un destino che avrebbe finito per unirsi.
Succedeva a Milano, nel pieno degli anni Sessanta.
In un’Italia che correva verso il domani a passo di Vespa e stazioni televisive, Piazza del Duomo si trasformava nel palcoscenico più moderno del Paese.
E così, sulla facciata di Palazzo Carminati, decine di insegne pubblicitarie al neon facevano a gara per attirare sguardi e fotografare un’epoca.
Coca-Cola, Longines, Cinzano… e poi Bosca e Cora, come le foto dell’epoca ci riportano alla memoria (puoi rivederle cliccando qui).
Erano anni in cui la pubblicità era immaginario condiviso. Al di là dei prodotti, quelle luci raccontavano un desiderio di fiducia nel progresso insieme all’identità profonda di un Paese che sapeva coniugare radici e futuro.
Forte dei suoi 130 anni di storia, Bosca era già allora sinonimo di qualità. La sua insegna in Piazza Duomo, splendente tra i giganti della pubblicità mondiale, risuonava come una dichiarazione d’identità: “Noi ci siamo”.
(Col senno di poi, verrebbe da aggiungere “E ci saremo!” 😉).
Cora, fondata nel 1835 dai fratelli Giuseppe e Luigi Cora, portava invece sulla piazza meneghina l’eleganza di una storia di saperi antichi, profondamente intrecciata a quella del Vermouth di Torino.
Nel 1984, Bosca decise di acquisirla. Una scelta dettata da strategia, rispetto e visione: dare nuova vita a un marchio storico piemontese, integrandolo nel proprio universo valoriale.
A rivederla oggi, l’immagine di Bosca e Cora insieme su quel muro illuminato è una metafora perfetta della storia di entrambe: due mondi che, anche nelle rispettive differenze, condividevano lo stesso orizzonte. Quello di una tradizione viva, mai ingessata.
Di una cultura del bere che guarda avanti senza dimenticare da dove viene. Di una capacità rara di far convivere glamour e autenticità.
Perché, in fondo, cosa raccontano queste istantanee?
Che il futuro non si aspetta: si costruisce.
E che ci si può reinventare, brillare ed essere rilevanti partendo dalle proprie origini. Come ha fatto Cora… e come fa Bosca, dal 1831.
Oggi le insegne in piazza Duomo non ci sono più e Palazzo Carminati ha perso quell’aura internazionale alla Times Square.
Ma lo spirito di quegli anni e la voglia di dire al mondo “noi ci siamo” vivono ancora nel DNA di Bosca, nell’attenzione alle nuove generazioni, alla sostenibilità e al futuro.
E, naturalmente, in quella tensione continua tra innovazione e memoria, che da Canelli – come allora – continua a parlare al domani.