Secondo appuntamento con Bollicine Sonore, la rubrica dove musica e spumante si incontrano in un brindisi di emozioni. Dopo l’esordio in compagnia dei Beatles, torniamo “a casa” con “Concerti” (1985), doppio disco dal vivo del cantautore astigiano Paolo Conte.
Può un buon vino amplificare le emozioni che suscita un’opera d’arte?
Se per arte si intende il prodotto del genio creativo umano, pensiamo di sì.
Parte sempre da questa domanda la rubrica “Bollicine Sonore”, nata qui, tra le colline monferrine, dove le uve Moscato maturano sotto il sole e le note sembrano vibrare nell’aria.
Così, dopo aver esplorato la rivoluzione sonora dei Beatles in “Revolver”, torniamo a casa, ad Asti, dove l’arte ha un sapore particolare.
E chi meglio di Paolo Conte, astigiano doc, può accompagnarci in questo secondo episodio?
Scegliere un solo album nella sua straordinaria carriera non è semplice.
Ma “Concerti” è un ritratto sincero di ciò che Conte era già diventato nel 1985, anno di pubblicazione di questo doppio disco dal vivo: un cantautore maturo, riconosciuto e amatissimo in Italia ma soprattutto all’estero, capace di affascinare con il suo jazz elegante, le sue liriche cinematografiche e quell’inconfondibile voce graffiata.
È il primo album “live” per Conte e raccoglie 21 brani registrati nel corso di una tournée iniziata al Théâtre de la Ville di Parigi (città che nel 2011 gli riserverà la sua massima onorificenza con la Grande médaille de Vermeil) e conclusa in Italia tra i “tutto esaurito” di Lodi e Perugia.
Ci sono tutti i brani che hanno contribuito a costruirne il mito: “Via Con Me” (“It’s wonderful!”), col suo swing scanzonato e ipnotico, che è diventata nel tempo una delle canzoni italiane più conosciute nel mondo.
C’è “Bartali”, omaggio ironico e affettuoso a un’Italia che correva in bicicletta e sognava più forte.
C’è “La Fisarmonica Di Stradella”, che profuma di fiere, di piazze e di poesia popolare. C’è “Onda Su Onda”, che Conte scrisse per Bruno Lauzi ma che nella sua voce acquista un’ironia malinconica irresistibile.
E poi ancora “Diavolo Rosso”, tributo epico e poetico a Giovanni Gerbi, il leggendario ciclista astigiano che infiammava le cronache sportive d’inizio Novecento con la sua grinta e la sua maglia rossa. E, non ultima, “Sotto Le Stelle Del Jazz”, struggente dichiarazione d’amore alla musica e alla notte.
Insomma, “Concerti” sembra una lunga conversazione a lume di candela.
Più di un concerto, un racconto teatrale dove ogni canzone si lega all’altra come le portate di una cena speciale.
Festoso ma elegante, mai banale né stucchevole.
Proprio come l’Asti DOCG Bosca 1831, perfetto per esaltare e amplificare la narrativa contiana.
Le intense componenti aromatiche del Moscato bianco, con le sue note fresche di pesca e albicocca, tra sentori di salvia, limone, fiori d’arancio e accenni agrumati di pompelmo rosa, sembrano tradurre in profumo le emozioni che il cantautore mette in musica: la spensieratezza di un viaggio improvvisato, la dolce malinconia di un ricordo d’infanzia, l’entusiasmo di un brindisi a una giornata di sole.
È uno spumante che sa di festa, ma anche di quei momenti della vita in cui riusciamo ad assaporare in modo sincero il “qui e ora”.
Perché non servono chilometri o aerei per viaggiare lontano: a volte bastano un disco, un calice e la capacità di godere delle piccole cose.
E come canta il Maestro…
“[…] Contro luce tutto il tempo se ne va
Guarda le notti più alte
Di questo nord-ovest bardato di stelle
E le piste dei carri gelate
Come gli sguardi dei francesi
Un valzer di vento e di paglia […]”
TIP!
E se ascoltando il disco ci venisse fame? Nessun problema, l’Asti DOCG sa esaltare anche i grandi classici della pasticceria secca. Come la tipica polentina astigiana. Una torta morbida, di piccole dimensioni, semplice e profumata come i suoi ingredienti: farina di frumento, zucchero, uova, burro di mandorle, uvetta e maraschino.